
Nasce a Savona il cammino della Pesistica Paralimpica (Para Powerlifting) in Italia. La palestra ligure di Sandro Boraschi al centro della crescita di questa disciplina che parte nel 2006. Pareggiato il gap con le altre Nazioni, la crescita del team azzurro è costante e dopo Rio 2016, Tokyo 2020 e tante gare internazionali, nel mirino adesso c’è già la Paralimpiade di Parigi 2024. Boraschi è il direttore tecnico dell’Italia e ha raccontato la storia di questo sport.
L’allenatore ha un passato da sportivo e, nel 2005, inizia una nuova esperienza che lo vedrà protagonista a livello nazionale:
“Io sono diplomato ISEF e da trentuno anni gestisco una palestra, quindi sono sempre stato nel mondo dello sport, prima come agonista nell’hockey su prato, poi ho allenato a pallavolo. Ho avuto diverse esperienze. Alla fine il mondo della palestra e della pesistica, con l’allenamento della forza, è quello che mi ha sempre interessato. Nel 2005 un amico, Simone Cappelli di Albissola, ha avuto un incidente motociclistico ed è rimasto su una sedia a rotelle. Appena si è ripreso, superato il periodo di riabilitazione ha incominciato a parlarmi di questa disciplina, già esistente all’estero e nelle paralimpiadi ma non praticata in Italia. Per cui qua a Savona abbiamo iniziato, prendendo contatti con l’estero e traducendo i regolamenti, questo percorso”.
Primo importante evento nel 2006, in collaborazione con il Cip. Poi la chiamata della Federpesistica:
“Nel 2006, in collaborazione con il Cip e con Gaetano Cuozzo, abbiamo fatto una gara qua a Savona, la prima gara, introducendo la disciplina nel mondo paralimpico ligure. Questa prima manifestazione ha suscitato l’interesse di molti, del Cip e della Federpesistica che mi ha chiamato a collaborare. Abbiamo iniziato così nel 2007, fino ad arrivare al gennaio 2012 con la prima rappresentazione Nazionale in gara internazionale. A Cardiff in Galles. È stato il battesimo di questa disciplina per l’Italia. Un orgoglio che sia partito tutto dalla mia palestra, da Savona, dalla Liguria, per poi espandersi a livello nazionale”.
Una crescita costante che ha portato l’Italia ad essere protagonista nel panorama internazionale:
“Ora contiamo 160 tesserati e di questi oltre un centinaio partecipano regolarmente all’attività agonistica. Dal 2012 la Nazionale powerlifting ha partecipato a oltre trenta gare internazionali, vincendo circa 35-36 medaglie nel corso degli anni, abbiamo il campione europeo in carica, ci sono buoni risultati anche nei giovani. Il percorso di questi anni ci ha portato a un ottimo livello a livello europeo e non solo. Grande sostegno da parte della federazione pesistica che ha creduto nel progetto e del Comitato Paralimpico Italiano”.
L’emozione della Paralimpiade è speciale. Prima esperienza a Rio 2016, con Martina Barbierato e Matteo Cattini:
“La prima paralimpiade a Rio 2016 è stata come scoprire un mondo nuovo. Ci siamo arrivati con due atleti, entrambi con una Wild Card, anche perché, contrariamente ad altre discipline paralimpiche, per noi è difficilissimo qualificarci, essendoci una sport class unica. Tutti gareggiano nella stessa categoria. Sono differenziati solo per il sesso e per il peso corporeo. Per la qualificazione serve trovarsi nei primi otto del ranking mondiale. Già arrivarci praticamente è da medaglia d’oro”.
Donato Tedesca e la Paralimpiade di Tokyo 2020:
“Donato Tedesca quest’anno era classificato quarto nel ranking mondiale. Tokyo 2020, infatti, ci ha visto tra i protagonisti, in questa edizione ci siamo andati a pieno diritto. Questo dimostra la crescita del livello dei nostri atleti. È una disciplina che alle Paralimpiadi rappresenta il top degli atleti, anche per il numero di partecipanti e per la sport class unica. Il percorso di un atleta della pesistica paralimpica per raggiungere il massimo livello dura per almeno due quadrienni olimpici. Lo sviluppo della forza richiede parecchio tempo, le Paralimpiadi su cui punteremo molto sono quelle di Parigi, nel 2024. Donato ha 21 anni ed era il più giovane in gara, lui si è già comportato bene ma il focus nostro continuerà soprattutto su Parigi”.
Una disciplina che, in termini di risultati assoluti, cancella ogni differenza e che nasconde impegno e sacrificio:
“Come disciplina questa è particolare rispetto alle altre, si pensi anche che era più facile qualificarsi, nello stesso sport, all’Olimpiade che alla Paralimpiade. Il nostro è uno sport olimpico a tutti gli effetti, infatti quasi sempre i risultati degli atleti paralimpici superano quelli dei normodotati, in termini di prestazioni assolute. Il nostro sport prevede allenamenti quotidiani, sette giorni su sette; impegno anche nella vita privata con il cibo, essendo una gara nella quale il peso corporeo fa parte integrante del regolamento bisogna avere una disciplina da atleta a 360 gradi”.
Boraschi sottolinea come il focus debba concentrarsi sull’atleta e sul gesto tecnico:
“Io solitamente non mi soffermo più di tanto sugli aspetti sociali dello sport paralimpico perché secondo me da equiparare a quelli dello sport olimpico. Primo di vedere la disabilità io vedo l’atleta. Non mi piace quando ci si sofferma sulle disgrazie dell’atleta e non si sottolinea il valore assoluto del gesto sportivo e tecnico. Per me sono atleti che hanno poi delle storie umane particolari, ma io davanti ho un agonista, non ho un disabile. L’aspetto sociale è importantissimo ma a me piace concentrarmi sul resto. Ogni atleta che ho visto a Tokyo ha i propri successi o insuccessi nella vita come tutti gli altri, non penso alla disabilità ma all’atleta che ho davanti. Non mi soffermo sul resto. Bisognerebbe calcare la mano su questi aspetti dello sport paralimpico, così da riconoscere loro i veri valori. Vorrei sentir parlare della prestazione, degli allenamenti, dei risultati. Bisognerebbe spostare il focus su questi aspetti. Poi è logico che bisogna battersi per abbattere le barriere architettoniche nelle palestre, perché venga loro riconosciuto lo stesso status degli atleti professionisti normodotati. Su questo non ci sono dubbi, però iniziamo tra di noi a considerarci atleti e non disabili, dopo di che ci concentriamo sugli altri aspetti”.
Poche società affiliate alla Federazione e numero di strutture limitato ma alcuni buoni risultati ottenuti proprio dalla sua palestra:
“Come società si ha difficoltà perché non ci sono molte palestre che consentono la piena accessibilità e il primo ostacolo è proprio quello. Noi abbiamo la palestra perfettamente accessibile con dotazione da gara ufficiali. Io seguo quattro atleti come società sportiva che, domenica 12, saranno impegnati ai campionati italiani. Anche loro sono nel giro della Nazionale e hanno già partecipato a manifestazioni internazionali. Diciamo che a livello di rappresentatività la società sportiva è tra quelle da tener d’occhio su scala nazionale. Il rammarico è quello di non riuscire ad ampliare il numero delle società affiliate. Non so se è una questione culturale o di poca voglia”.
Doppio percorso, agonismo e fitness:
“Non c’è solo agonismo, ci sono persone che vengono per fare attività di fitness e migliorare la propria condizione di vita, senza avere l’ambizione di gareggiare in pedana. Questo è un altro aspetto che dobbiamo tenere in considerazione. A livello federale avremo presto una novità: prevederemo un doppio percorso per chi si vorrà affiliare alla Federpesistica. Sia per gli atleti agonisti, sia per quelli amatoriali ci sarà la possibilità di affiliazione, con i secondi che seguiranno schede di fitness curate sulla persona per usufruire di tutti i vantaggi che questa pratica sportiva può dare, senza dover necessariamente misurarsi in pedana con i compagni di allenamento. Questo è l’indirizzo nuovo che vogliamo dare come Federazione”.
Tra pandemia e obiettivi, crescere e collaborare con le altre discipline. Le strade da percorrere:
“Così come la pesistica olimpica è trasversale a tutte le altre discipline olimpiche, anche quella paralimpica lo è. Io sono sempre in contatto con i colleghi di altri sport che mi chiedono cose sulla gestione della forza e quant’altro. Dobbiamo stare in contatto con gli altri per le nostre competenze specifiche perché mentre in altre discipline il condizionamento fisico è parte integrante ma non fondamentale nella preparazione di un atleta, nel nostro caso l’atleta deve essere “fisicato” per forza, altrimenti non è prestativo. Per essere prestativo deve assolutamente rispettare una serie di parametri. L’idea, in futuro, è quella di fornire assistenza ad altre discipline nel caso chiedessero. Prima che scoppiasse il Covid-19 avevamo avviato una collaborazione con la Federcanoa Paralimpica. L’altro giorno parlavo con un’allenatrice dei lanci e dobbiamo partire con una collaborazione perché si sono resi conto che le nostre conoscenze sono utili per le loro discipline. Speriamo di ripartire quanto prima a pieno regime dopo questa pandemia. Presto con i vertici federali inizieremo a pensare al piano di lavoro per i prossimi anni. Facciamo passare i campionati nazionali del 12 settembre. A dicembre ci sono i Campionati del Mondo che rappresentano il cosiddetto gate per la Paralimpiade di Parigi. Tutti gli atleti che vorranno entrare nel ranking per Parigi 2024 dovranno obbligatoriamente partecipare a questi Mondiali che si terranno in Georgia. Dobbiamo già iniziare a lavorare”.
Simone Fargnoli