
Un’altra importante avventura sta per partire per Francesca Salvadè: dopo Londra e Rio la genovese è pronta per le Paralimpiadi di Tokyo, in programma tra il 24 agosto e il 5 settembre. Tra allenamenti duri in Lombardia, passione per i cavalli e tante soddisfazioni si sviluppa il racconto di una grande atleta, per la quale lo sport è ormai quotidianità.
L’amore per i cavalli nasce in famiglia e molto tempo fa: “Io ho iniziato a montare a cavallo da piccolissima, da quando avevo tre o quattro anni. Mia sorella montava a cavallo, mia madre era appassionata. I cavalli hanno sempre fatto parte della mia vita. Inizialmente ho sempre fatto salto a ostacoli, anche con buoni risultati tra i normodotati, sono arrivata a vincere gli Italiani tra i normodotati. Poi nel 2011 è arrivato il mio primo dressage, e oltre il salto a ostacoli ho iniziato il dressage a livello paralimpico e internazionale. Iniziando a frequentare e a rappresentare la Nazionale ho abbandonato un po’ il salto a ostacoli e mi sono appassionata alla nuova disciplina”.
La prima esperienza all’Olimpiade nel 2012:
“La mia prima Paralimpiade è stata nel 2012, a Londra. Sono arrivata ottava nell’individuale e quell’esperienza è arrivata anche inaspettatamente perché erano non più di dieci mesi che praticavo la disciplina del dressage e che conoscevo il cavallo con cui ho partecipato a Londra. Era quasi un gioco ma è stata una grande esperienza. Tornando dall’Inghilterra abbiamo scoperto un problema fisico al cavallo che non sarebbe più stato in grado di reggere tutte le gare da solo”.
L’arrivo di Muggel, i buoni risultati e l’infortunio nel 2018:
“All’inizio del 2013 è arrivato quello che per me è il cavallo più importante: Muggel, tuttora con me. Con lui ho fatto veramente parecchie gare, due Mondiali, quattro Europei e Rio 2016. Alle Paralimpiadi era andata molto bene a livello individuale ma avevamo avuto qualche problema come squadra. C’è stata l’esclusione di un binomio per problemi di salute di un cavallo. Eravamo rimasti solo in tre. Nel complesso la gara è andata bene. Con Muggel ho avuto buoni risultati, dal quarto posto agli Europei del 2015, un quinto posto con la squadra ai Mondiali. Questo cavallo mi ha dato davvero tanto. Purtroppo anche lui, nell’ultimo Mondiale del 2018, ha avuto un infortunio che lo ha fermato per almeno sei mesi”.
Poi l’incontro con un altro importante cavallo, Oliver Vitz:
“Si era deciso di affiancargli un altro cavallo, quello con cui partirò per Tokyo, che si chiama Oliver Vitz. Lo monto ormai da due anni. Nel 2019 all’Europeo siamo arrivati in finale, nonostante lo montassi da poco più di due mesi. È un cavallo molto qualitativo, che mi ha già dato molti risultati. Sto cercando di creare un binomio con lui, cosa non facilissima perché è molto diverso da Muggel, soprattutto dopo sei o sette anni con lui. Il lockdown del 2020 ha bloccato il percorso agonistico rendendo tutto più difficile”.
Il Covid-19 e tutte le difficoltà causate dalla pandemia hanno lasciato strascichi:
“A causa del Covid-19, inoltre, non abbiamo nemmeno potuto avere un confronto internazionale. Quest’anno all’estero, infatti, abbiamo fatto una sola gara, in Olanda, viste le difficoltà di organizzazione e spostamento. Questa Paralimpiade a Tokyo sarà una vera incognita considerato che non abbiamo avuto confronti diretti con gli stranieri. Anche le Ranking mondiali sono tutte un po’ sballate. In Olanda come squadra siamo andati tutti più o meno bene. Speriamo a Tokyo di riuscire ad arrivare in finale, poi una volta lì bisognerà giocarsela”.
Fissato l’obiettivo a Tokyo, sia individuale e sia di squadra:
“Il mio obiettivo a livello individuale è raggiungere la finale freestyle, credo che quella sia la gara in cui posso giocarmela di più. Per quello che riguarda la squadra difficilmente penso si possa arrivare a podio, perché tendiamo, a livello internazionale, a raggiungere il quinto, sesto posto. Vedremo. Io punto alla finale e poi si vedrà, servirà anche un po’ di fortuna”.
Lo sport ha assunto un valore fondamentale:
“Per me fare è sport è vita, è quotidianità. Non potrei pensare una vita senza questo sport. Sicuramente mi ha dato tantissimo e mi ha insegnato tanto. Certo ti toglie anche perché con i cavalli da un momento all’altro puoi passare dalle stelle alle stalle. Non si può mai dire. A differenza di altre discipline l’incognita è maggiore perché non si è soli, ci sono due atleti. Sicuramente come sport mi ha insegnato a combattere, mi ha insegnato il lavoro duro, la disciplina e la fatica, facendomi occupare anche del mio compagno, il cavallo. Per arrivare a gioire si passa anche da tanti momenti bui ma sono la soddisfazione e tutto ciò che impari a dare la forza per continuare. Si fanno molti sacrifici, io mi alleno ogni giorno, tranne il lunedì, che riposo, ma, alla fine, la felicità è grande”.
Il percorso geografico di Francesca l’ha portata a Roma e in Lombardia, con la Liguria sempre nel cuore:
“Io ho vissuto sei anni a Roma e mi manca molto la capitale. Certo adoro la Liguria, ci sono cresciuta, è casa mia. Anche adesso mi divido tra casa e la Lombardia. Tornare al mare e dalla mia famiglia è unico. Ho citato gli anni a Roma perché lì sono forse più aperti di noi liguri, un po’ più chiusi ma fa parte di noi. Io quando posso torno sempre. Certo il territorio non favorisce il mio sport, anche per allenarmi, conosciamo la morfologia della Liguria tra mare e montagna. Ci sono poche possibilità di equitazione, solo ed esclusivamente per questo devo allenarmi altrove. Non ci sono altri motivi, stare qua molto volentieri ma nel nostro sport è così. Casa è casa”.
Tanti i ricordi in questa splendida carriera ma alcuni hanno un’importanza particolare:
“In tutti questi anni ho collezionato molti ricordi. Forse quelli che porto più nel mio cuore sono le due cerimonie di apertura alle Olimpiadi di Londra e di Rio. Il momento in cui entri nello stadio per sfilare è molto emozionante. Lo porterò sempre con me. Anche il primo giorno a Londra e a Rio, seppur con due cavalli diversi, ha un significato particolare. Dal punto di vista agonistico, invece, il quarto posto individuale all’Europeo, per 0,3 centesimi dalla medaglia di bronzo, è stato la soddisfazione migliore. Sicuramente è rimasto un po’ di traverso ma è comunque una gioia grande”.
Tra rimpianti e obiettivi da raggiungere, Francesca ha le idee chiare:
“L’obiettivo di chiunque è raggiungere l’Olimpiade, dunque, una volta fatto questo si punta alla medaglia, è innegabile. A parole è facile, una volta che sei lì un po’ meno ma è così. Uno prova sempre a migliorare e ad arrivare sempre più in alto. Se non sarà podio quest’anno ci riproveremo. Non ho particolari rivincite e rivalse, ho sempre avuto un buon feeling con i miei cavalli, con il team, con tante persone che mi hanno supportato. Forse la cosa che mi è dispiaciuta di più è quella al Mondiale, quando il cavallo si è infortunato e non ho potuto finirlo. Aspetto, anche per questo, con ansia il prossimo Mondiale, poi vedremo cosa accadrà”.
Una storia felice costruita insieme al supporto di molti. Il grazie di Francesca:
“Prima di tutti devo ringraziare la mia famiglia. Loro mi sostengono da sempre, in tutto quello che faccio, nelle mie scelte. Poi non posso non ringraziare tutti i miei cavalli che mi hanno affiancato in questo mio percorso, da Muggel a Oliver, tutti quanti. Un grazie enorme devo farlo al mio istruttore di Roma, Deodato Cianfanelli; con lui, come dicevo, ho vissuto sei anni da sogno, sono migliorata molto, ho provato emozioni uniche, ho imparato tanto, ho fatto esperienza, sono cresciuta sia come persona che tecnicamente. Ad oggi devo ringraziare, invece, i tecnici che mi seguono in Lombardia, Norma Paoli e Italo Cirocchi, e tutto il team che è impegnato a preparare un evento come quello di Tokyo, per il quale servono persone molto competenti”.
Simone Fargnoli