Gian Filippo Mirabile: “Lo sport è vita. Ti tempra mentalmente”

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Gian Filippo Mirabile: “Lo sport è vita. Ti tempra mentalmente”

Il genovese Gian Filippo Mirabile, alfiere della Sportiva Murcarolo, è una figura importante per lo sport ligure. Un atleta che ha ottenuto grandi soddisfazioni in tutta la sua carriera paralimpica, dal triathlon all’atletica fino al canottaggio. Inizia come ciclista, anche in questa disciplina con ottimi riscontri, prima dell’incidente sul lavoro che non ha fermato la sua determinazione.
L’ultimo grande risultato è il pass per le Paralimpiadi di Tokyo 2021, grazie alla vittoria a Gavirate nella finale del doppio misto PR2 insieme a Chiara Nardò (Canottieri Padova). Un successo annunciato già dalle qualificazioni dei giorni scorsi, suggellato dalla vittoria davanti all’Australia.

Il racconto del successo che ha aperto le porte per Tokyo, con l’emozionante sorpasso agli australiani:

“Siamo arrivati a Gavirate consapevoli delle forze che avevamo. Avevamo dei dispendi buoni, quasi ottimi. È chiaro che ci sono anche gli avversari, eravamo titubanti perché ci domandavamo come sarebbero stati gli altri. Quando abbiamo vinto la nostra batteria, che ci ha mandato direttamente in finale, avevamo il dubbio se Canada e Australia si fossero tenuti in tasca qualche secondino. Noi lo avevamo, bisognava vedere se loro ne avevano più di noi. Il giorno della finale siamo partiti tutti quanti appaiati. L’Australia era un po’ avanti a noi, arrivati agli 800 metri ho chiesto alla mia compagna un allungo, che proviamo sempre in allenamento, abbiamo venti colpi forti e abbiamo raggiunto e sorpassato l’Australia. Poi una volta che metti davanti la punta, l’adrenalina ti fa andare sempre più forte. Ogni volta che superavamo la boa dei 250 metri, vedevamo lo stesso distacco dall’Australia. Poi l’allungo negli ultimi 250 metri e la vittoria. È stata una grande gioia, incredibile. Io avevo detto sia all’allenatore a Genova sia a quello della Nazionale che se fossimo andati a Tokyo lo avremmo fatto da primi, e così è stato. Una delle cose più belle è stato vedere i miei compagni tifare per noi. È stato quasi più bello vedere loro emozionati per noi del resto”.

Molto importante il rapporto con Chiara Nardo:

“L’affiatamento influisce molto. Se non siamo affiatati perfettamente la barca non va. Andiamo d’accordo in tutti i sensi, sia come persone, sia come atleti. La nostra è una barca giovanissima. Lei è un anno e mezza che rema, io tre. Insieme abbiamo remato solo qualche mese nello scorso anno; in questo, invece, dieci giorni prima dell’Europeo e altri dieci prima della qualifica. Abbiamo ampi margini di miglioramento. Adesso andremo in raduno dal 10 giugno al 4 luglio e penso che lì ci faranno faticare per riuscire ad abbassare di 8-10 secondi. A quel punto a Tokyo potremmo andare come protagonisti”.

La passione per il canottaggio ha un’origine precisa:

“Io mi sono avvicinato al canottaggio grazie al presidente Cecchinelli. Tre anni fa lui era dirigente del Trionfo Ligure, squadra di atletica leggera dove io gareggiavo e mi ha proposto la cosa. Mi disse: sei forte nell’atletica leggera, sei forte nel triathlon, sarai forte nel canottaggio, vuoi provare? Ed è iniziato così per scherzo. Mi hanno fatto fare un test e sono andato vicino al record italiano come tempo. Allora hanno chiamato l’allenatore della Nazionale avvertendolo della situazione, lui era incredulo. È venuto qua da Napoli e ho fatto un test ancora migliore del primo. Alla fine mi hanno detto forte sei forte, se impari a remare ti levi delle soddisfazioni. Ho iniziato così, facevo sia triathlon, in cui ero quattordicesimo nel ranking mondiale; sia canottaggio. Dovevo imparare a remare, cosa molto difficile. Mi hanno sempre detto che per saper remare bene servono almeno quattro anni, io lo faccio da tre ma, adesso, ho deciso di concentrarmi solo su quello. Ho fatto il record del mondo di tutte le distanze, di tutti i minutaggi indoor; ho vinto due titoli mondiali, ho vinto due Europei. Mi sono tolto le mie soddisfazioni insomma”.

Lo sport è stato fondamentale per affrontare l’incidente e non solo:

“Lo sport è vita per me. Io sono più di 45 anni che faccio sport, anche da normodotato facevo il ciclista ed ero bravo. Mi sono tolto buone soddisfazioni anche lì, ho fatto campionati italiani, un quinto posto all’Europeo. Dopo l’incidente che ho avuto sul lavoro, grazie allo sport, perché lo sport ti tempra mentalmente e ci sono determinate regole che, se rispettate, portano ai traguardi prefissati, ho reagito anche di testa, non mi sono buttato giù. Ho ricominciato da zero, ho dovuto riprendere a camminare e la testa fa tanto, anche in questo lo sport aiuta”.

L’Olimpiade è l’ultimo tassello di una carriera incredibile:

“A 53 anni, a livello sportivo, mi mancava solo la Paralimpiade. Ho vinto il titolo mondiale del triathlon, ho vinto gli Italiani, son stato recordman e campione italiano nell’atletica. Lo sport è stato davvero importante”.

Sacrifici ripagati e la consapevolezza dei propri mezzi:

“Tutti si allenano, non è che io mi alleno più degli altri o che gli altri non lo facciano. Tutti facciamo sacrifici, questo va detto al di là del risultato. È difficile riuscire a vincere in sport differenti. Io ho vinto in sport diversi certo ma sono tutte discipline di fatica. C’è un filo conduttore”.

Gian Filippo Mirabile ha già fissato il prossimo obiettivo:

“Voglio provare il record del mondo dei 100 km che, nella mia categoria, non è mai stato provato, entro la fine dell’anno. Saranno circa 7-8 ore di remate, bisogna azzardare e buttarsi. La mia compagna, Chiara, è come me, per questo in barca andiamo d’accordo”.

Tanti bellissimi momenti ma un ricordo più emozionante:

“Nella mia carriera il momento più emozionante è stato il 15 settembre 2017, giorno del compleanno di mio figlio, quando ho vinto il primo Mondiale di triathlon a Rotterdam. Mio figlio mi aspettava all’arrivo e mi ha visto vincere. Ogni gara, poi, ti dà un’emozione. Arrivare al traguardo in ogni sfida è sempre un’emozione, se vinci positiva, se non vinci un po’ meno ma è ugualmente emozionante”.

Un solo rimpianto, nel ciclismo, da normodotato:

“Un rimpianto c’è. Risale al 1986, nei campionati italiani di ciclismo per normodotati, quando sono arrivato secondo, al fotofinish, per un centimetro. Avevo iniziato una volata lunghissima e ai 300 metri mi sono fermato aspettando gli ultimi 100. Mio papà, a distanza di tanti anni, me lo rinfaccia ancora, perché non ho retto fino alla fine. Se potessi tornare indietro nel tempo rifarei quella volata lì, solo per capire se avessi ragione io o mio padre. Rimpiango solo quello”.

Gian Filippo Mirabile è già stato al fianco di Stelle nello Sport per trasmettere segnali importanti anche nelle scuole. Un messaggio valido per lo sport e non solo:

“Mai piangersi addosso, non serve a nulla. Qualsiasi cosa succeda nella vita, lavorativa o sportiva che sia, bisogna sempre guardare il lato positivo della medaglia. Se una persona riesce a entrare nell’ottica di vedere ogni volta il lato positivo vive meglio. A me gli amici dicono che non mi hanno mai visto arrabbiato e che ho sempre il sorriso. Ed è bello. Io la mattina mi sveglio e sono felice di essermi svegliato. Stesso discorso la sera quando vado a letto. Qualsiasi cosa succeda c’è sempre un lato positivo della medaglia, bisogna cercare e trovarlo”.

Simone Fargnoli 

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